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Sentenza del Tribunale di Roma – n. 14000 del 17.06.05

Il Tribunale di Roma, con sentenza non definitiva:
1) ribadisce l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi,
2) dichiara l’illegittimità della capitalizzazione trimestrale delle commissioni di massimo scoperto,
3) si pronunzia finalmente anche sulla illiceità dell’anatocismo e delle c.m.s. applicati sui conti correnti in scoperto sui quali vengono addebitate le rate di un mutuo e sulla illegittimità dell’anatocismo sulle rate scadute del mutuo stesso.

di Avv. Giorgia Marsicano - gio.marsicano@studiomarsicano.it

 

Nell’atto di citazione, gli attori avevano chiesto venisse dichiarata la nullità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi oltre che della previsione della c.m.s. poiché quest’ultima è, di fatto, un ulteriore accessorio degli interessi.

Adìvano il tribunale anche perché venisse dichiarato che del pari illegittima è la prassi delle banche di applicare l’anatocismo sia sulle rate scadute impagate di rimborso di un mutuo, sia sulla somma relativa all’addebito della rata sul conto corrente già in scoperto.

All’esito di una breve istruttoria essendo la causa documentale ed avendo gli attori versato in atti tutti gli estratti conto comprovanti la domanda, veniva emessa la sentenza in commento non definitiva, con contestuale rimessione sul ruolo per l’espletamento di idonea Ctu contabile.

Di forte impatto è l’incisiva affermazione che si legge all’inizio della motivazione che così recita: “Conseguentemente va applicata la capitalizzazione annuale sui saldi passivi e sulle commissioni di massimo scoperto del conto corrente”.
Per lo scrivente avvocato, questa dichiarazione comporta solo una parziale soddisfazione atteso che da anni insiste per ottenere una assoluta e totale declaratoria di nullità dell’anatocismo senza possibilità di salvezza, nemmeno previa modifica della periodicità: si ritiene infatti nulla ogni forma di capitalizzazione degli interessi, poiché in espresso contrasto con l’art. 1283 c.c.

Nello stesso senso si veda, per esempio, la sentenza del Tribunale di Pescara (sentenza del 04.04.05) la quale ha fermamente negato la possibilità di sostituzione legale di una clausola anatocistica nulla - perché in contrasto con l’art. 1283 c.c. -, con meccanismi di capitalizzazione ex lege degli interessi ad una diversa periodicità, ancorché ultrasemestrale.

Ritiene il Tribunale abruzzese, che da un lato l’anatocismo è consentito dal sistema, con norma eccezionale e protettiva del debitore pecuniario, soltanto in presenza delle condizioni di cui all’art. 1283 c.c. e dall’altro che il debito di interessi non si configura, per la sua particolare natura genetica e funzionale, come una qualsiasi altra obbligazione pecuniaria dalla cui scadenza possa derivare il diritto del creditore agli ulteriori interessi di mora ovvero al risarcimento del maggior danno ex art. 1224 c.c. 2° comma.

Pur non condividendo quindi la scelta di salvezza dell’anatocismo su base annuale, non si può non riconoscere al Tribunale di Roma di avere assicurato una tutela al cliente bancario più salda.

Per un verso, infatti, viene riconosciuto espressamente che: “le commissioni di massimo scoperto devono essere calcolate su base annuale (corrispondente alla chiusura del conto) anzichè trimestrale”; viene quindi ammessa una parziale riduzione delle pretese degli istituti di credito, pur se chi scrive da tempo sostiene la illegittimità della predetta commissione in quanto costituente un “quid pluris” privo di causa non essendovi alcuna controprestazione offerta dalla banca a fronte di siffatta gabella.


Approfondendo un attimo la natura della c.m.s., infatti, non si può che concludere affermando che la semplice messa a disposizione delle somme da parte dell’istituto di credito non comporta in concreto alcuna attività o impegno aggiuntivo che non sia già di per sé intrinseco al possesso dei requisiti per lo svolgimento dell’attività bancaria e che le somme date a credito, sono già ampiamente remunerate dalla pretesa di interessi passivi.
Ciò che, però, preme qui sottolineare è che questa pronunzia stigmatizza finalmente una prassi consolidata ma assai dannosa per le tasche dei correntisti.

Mi riferisco alla declaratoria di illegittimità dell’anatocismo sotto ogni sua forma, non limitando la censura ai soli scoperti di conto corrente.

Recita infatti la sentenza: “va però precisato che interessi a debito, capitalizzazione e c.m.s. dei conti correnti non devono essere calcolati sui ratei insoluti di mutuo data l’autonomia dei due contratti, onde evitare una illegittima duplicazione delle poste: in buona sostanza non possono essere addebitati sulle somme date a mutuo interessi ed accessori non contemplati nel contratto di mutuo, ma in un contratto “di appoggio”, avente, rispetto al mutuo funzione essenzialmente strumentale.”

Altrettanto meritevole di attenzione è la chiosa finale della pronunzia la quale, in punto di interessi usurai, conclude dichiarando che, nell’ipotesi in cui il rapporto non si sia esaurito prima della operatività della legge 108/96, “gli interessi passivi non devono superare i limiti del cd tasso “soglia” (se infatti la legge 108/96 nel suo apparato sanzionatorio è irretroattiva, per la cd “usura sopravvenuta” è sufficiente la riconduzione del tasso di interesse nei limiti del tasso soglia nei periodi in cui vi è superamento)”.

Con ciò viene quindi prevista la possibilità, nel caso in cui la reale incidenza del tasso di interesse abbia superato quello soglia ex L. n. 108/996, di ridimensionare questo saggio, limitando quindi la pretesa dell’istituto.
Non è infatti una novità, che il tasso di interesse che le banche applicano “di fatto” non corrisponda mai a quello dichiarato nei contratti; ciò poiché l’anatocismo e le c.m.s. fanno lievitare la misura del saggio in modo anche preoccupante, con notevole aggravio dello scoperto di conto.

 

Avv. Giorgia Marsicano
Studio Legale Marsicano - Roma
www.studiomarsicano.it

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